Le Storie Tapasciate
I pensieri corrono
di Francesco B.
16 Ottobre
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Il 16 ottobre del 1968 viene scattata una delle foto più iconiche e potenti del 20° secolo. La foto in questione è quella della premiazione dei 200m piani maschili delle Olimpiadi di Città del Messico. Tommy "The Jet" Smith ha appena vinto a braccia alzate, stabilendo il nuovo primato del mondo con 19"83. È il primo essere umano a scendere sotto il muro dei 20 netti con cronometraggio elettrico. Con lui su quel podio ci sono anche John Carlos, bronzo e l'australiano Peter Norman, sorprendente argento.
In un silenzio surreale e stupito, alle prime note dell'inno americano, Tommy e John, saliti sul podio a piedi scalzi, per rappresentare la povertà dei fratelli neri, chinano il capo e alzano al cielo il pugno guantato di nero. Inscenano una delle prime e più clamorose proteste nella storia delle olimpiadi. Per la prima volta la politica e i temi sociali agitano la calma olimpica. Da quel momento anche lo sport si legherà sempre di più alle questioni politiche e lo si vedrà in modo ancor più tragico quattro anni dopo con i fatti di Settembre nero, a Monaco '72.
Guardando quella foto, si racconta quasi sempre, a ragione, la storia di Smith e Carlos, dei soprusi subiti in quanto atleti afroamericani e della loro lotta per far valere i diritti dei neri in America. Si racconta di come le loro vite siano state brutalmente sconvolte da quel gesto plateale e di tutte le sofferenze che hanno dovuto sopportare, a seguito della loro giusta protesta. Un bellissimo libro di Lorenzo Iervolino, "Trentacinque secondi ancora", racconta benissimo e in modo dettagliato la loro epopea tragica.
Ma ci sono almeno altre due storie che mi piace associare a quella foto.
La prima riguarda un pochino anche noi sportivi italiani. La leggenda infatti narra di un giovane Mennea che rimase folgorato dalle gesta di Tommy Smith. Quel giovane atleta si allenerà con furiosa perseveranza e diventerà uno dei più grandi duecentisti della storia, stabilendo sulla stessa pista di Città del Messico il record del mondo, abbassando il primato di Smith di 11 centesimi, esattamente 11 anni dopo.
L'altra storia é quella più bella ma anche la più commovente e tragica. È la storia di Peter Norman, il ragazzo bianco di quel podio olimpico.
Peter arriva alle olimpiadi da perfetto sconosciuto. In quei giorni però, i suoi piedi, abituati alle piste in erba australiane, rimbalzano elastici come non mai sull'innovativa pista in tartan dello stadio olimpico. Vola e, turno dopo turno, continua a migliorare il suo personale, fino al capolavoro assoluto della finale in cui rimonta su Carlos, soffiandogli l'argento e facendo segnare il gran tempo di 20"06 che, ancora oggi, dopo cinquantadue anni, è record australiano.
Sì, su quel podio c'è anche lui e, contrariamente all'apparenza, non è una presenza indifferente. Ha aiutato in qualche modo Tommy e John a organizzare il tutto nei momenti concitati, prima della premiazione e soprattutto ha deciso di schierarsi con loro. John racconterà che Peter, guardandolo negli occhi, disse: "io sto con voi". Indossa sulla tuta lo stesso adesivo del "Progetto Olimpico per i Diritti Umani" che indossano Tommy e John. Anche lui, seppure bianco, diventa parte di quella protesta, non si gira dall'altra parte e, come dirà in seguito sarà fiero di averne fatto parte.
Questa sua solidarietà con i due americani non passa però inosservata agli occhi dei vertici della federazione australiana. In quel periodo l'Australia è paese fortemente razzista, quasi al pari del Sudafrica, con le sue politiche di segregazione verso gli aborigeni. Peter verrà emarginato, minacciato e, nonostante fosse ancora il più forte atleta australiano, non verrà portato a Monaco 72.
A differenza di Smith e Carlos, che poterono in qualche modo sostenersi a vicenda, Peter dovette lottare da solo contro il sistema.
Morirà di infarto nel 2006 e la sua bara verrà portata a spalla da Smith e Carlos che, a migliaia di chilometri di distanza, mai dimenticarono il loro compagno di avventura e amico.
Pensate che Peter, nonostante fosse ancora il più grande sprinter australiano, non venne neppure invitato alle olimpiadi di Sidney 2000 e, solo nel 2012, il parlamento australiano ha chiesto scusa a Peter per tutto quello che ha subito.
Una storia, quella di Peter, che andrebbe raccontata più spesso quando si guarda quella foto perché è la storia di un uomo che non si è girato dall'altra parte.
Una storia quella di Peter che è raccontata splendidamente nel libro di Riccardo Gazzaniga "Abbiamo toccato le stelle" e nel documentario "Salute", girato dal nipote dello stesso Peter.
5 Dicembre
Tra i filosofi ho sempre apprezzato Socrate ma non ho mai pienamente condiviso la sua idea di tenere separati corpo e anima. Oggi possiamo affermare che il centro dei nostri pensieri, del nostro carattere, della nostra personalità, del nostro inconscio profondo risiedono in quello strumento fantastico e misterioso qual é il cervello. Ma il cervello, in fondo, funziona con gli stessi meccanismi del resto del corpo. Ne è parte integrante. Anche il cervello, come il corpo, funziona grazie a semplici reazioni chimiche, segue le regole delle fisica Newtoniana ma, andando nell'infinitamente piccolo, anche quelle della fisica quantistica. E così anche i nostri pensieri e la nostra anima non sono altro che una sequenza continua ed infinita di reazioni chimiche, di scambi di elettroni che saltano da un livello energetico all'altro. In fondo quello che siamo è un insieme estremamente complesso di relazioni tra cellule del nostro intero organismo, governate dal caso.
Non voglio ora affrontare il tema del libero arbitrio (anche perché non farei più in tempo ad uscire per la mia corsa mattutina) ma solo affermare un concetto semplice. Se, come diceva Galeno, l'attività fisica è la più potente medicina per il corpo, per quanto scritto sopra, lo è anche per l'anima. La cura del corpo, l'attività fisica e, per me, la corsa sono anche la cura dell'anima. Non sono attività da relegare all'ambito del "se ho tempo lo faccio". Sono parte integrante delle routine quotidiana delle semplici pratiche di igiene fisica e mentale. Parafrasando Manzini e il suo Commissario Rocco Schiavone, la corsa è per me una preghiera laica anche oggi, in una fredda mattina brianzola di dicembre si concretizzerà con un fondo medio di 11km.